Sindrome della Bandeletta Ileotibiale… questione di stretching?

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Lo stretching è il consiglio più comunemente  fornito alle persone con dolore da sindrome della bandeletta ileotibiale (ITBS) e questa raccomandazione proviene spesso  da un medico, un fisioterapista, un massaggiatore o da un compagno esperto corridore.

Ma è davvero così utile lo stretching nella gestione di questa problematica?

Ad oggi non vi sono chiare prove che dimostrino come lo stretching possa prevenire o migliorare il dolore legato alla bandelletta ileotibiale e ,a mio avviso,  ridurre il trattamento di questa complessa patologia al solo “allungamento” è una semplificazione spesso inconcludente.

Iniziamo con lo sfatare alcuni miti legati a questa frequente patologia.

 

EZIOLOGIA DELLA SINDROME DELLA BANDELETTA ILEOTIBIALE (ITBS)

Tradizionalmente si pensava che l’attrito causato dallo scivolamento della bandeletta ileotibiale sul condilo femorale nei movimenti di flesso-estensione del ginocchio fosse la causa dell’irritazione di essa e quindi dell’insorgenza di questa problematica.

Uno studio cadaverico di Fairclough e colleghi ha cambiato il modo di vedere le cose, gli autori sono riusciti a dimostrare come la bandeletta fosse fermamente adesa all’epicondilo laterale tramite filamenti fibrosi e ciò precludeva lo  scivolamento tra le due strutture in senso antero-posteriore; gli autori di questo studio hanno suggerito che fosse invece l’eccessiva tensione della bandeletta ileotibiale a causare la compressione del tessuto adiposo sottostante e della borsa e di conseguenza l’insorgenza di infiammazione e dolore.

Questa ipotesi è avvalorata da successivi studi che dimostrano come la presenza di edema tra bandeletta e condilo femorale sia più frequente rispetto ad una alterazione della bandeletta ileotibiale stessa e che quindi la causa dell’insorgenza della ITBS sia più verosimilmente attribuibile ad una compressione e non ad una frizione.

STRETCHING DELLA BANDELETTA ILEOTIBIALE (ITB)

Sebbene questa metodica venga sistematicamente  somministrata ogni qual volta si parli di sindrome della bandeletta ileotibiale , ad oggi non esistono prove della sua reale efficacia.

Innanzitutto è bene sottolineare come generare un reale e significativo allungamento di questa robusta struttura sia alquanto difficile.

Nel 2010, la ricercatrice irlandese Dr. Eanna Falvey e i suoi colleghi hanno misurato l’effetto meccanico di un allungamento della ITB su cadaveri e non hanno riscontrato praticamente alcuna differenza: la banda ileotibiale era allungata di meno di 2 millimetri, una variazione complessiva di lunghezza inferiore a mezzo punto percentuale.

Anche studi condotti su altre unità muscolo-tendinee degli arti inferiori suggeriscono che lo stretching, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, non induce duraturi e significativi cambiamenti nelle proprietà meccaniche del tendine e solo lievi nella riduzione della rigidità muscolare ma che gli effetti dello stretching sul miglioramento della mobilità sono per lo più attribuibili alla maggiore tolleranza dei nostri tessuti all’allungamento.

Questo significa che il nostro sistema nervoso si adatta, man mano che il tessuto viene allungato, a non ricevere più lo stesso stimolo dolorifico e quindi ci permette di “stirarlo” ulteriormente.

Ciò non rende lo stretching una misura inutile, anzi può avere un ruolo nell’alleviare temporaneamente i sintomi, ma è difficilmente in grado di rimuovere completamente la causa del problema se attuato come unico trattamento.

UN APPROCCIO COMPLETO:

Come sottolineato fino ad ora ridurre al solo stretching e riposo il trattamento della sindrome della bandeletta ileotibiale risulta spesso una scelta inconcludente.

Come è possibile intervenire?

Molti studi suggeriscono l’importanza dell’esercizio di rinforzo della muscolatura di ginocchio ed anca per migliorare i sintomi da ITBS ma anche in questo caso i pareri e le evidenze sono contrastanti,  per questo motivo noi di Fisiorunner pensiamo che basare il trattamento di questa complessa patologia sul cercare una “pozione magica” che vada bene sempre e per tutti sia irrealistico.

Quello che noi proponiamo, seguendo il suggerimento di recenti articoli scientifici, è di includere nel trattamento più aspetti e valutarne la diversa utilità in base al soggetto, questi aspetti spesso includono:

– Riduzione del sintomo nel breve termine attraverso: gestione o riduzione del volume di allenamento,  stretching e/o foam roller, terapia manuale o bendaggio neuromuscolare.

–  Esercizi di rinforzo della muscolatura di tronco, anca e ginocchio che abbiano l’obiettivo di migliorare il controllo neuromuscolare e la stabilità.

– Retraining della corsa con l’obiettivo di ridurre lo stress a carico del ginocchio.

– Un programma specifico di ritorno graduale alla corsa.

 

L’obiettivo di questo articolo è di rendere il runner più consapevole dell’importanza di gestire la sindrome della bandeletta ileotibiale con un piano riabilitativo che integri più aspetti e di provare a mettere in discussione gli usuali metodi di recupero basati unicamente su stretching e terapie passive, risultati spesso inutili o nel migliore dei casi benefici soltanto temporaneamente

Bibliografia

Allen DJ. Treatment of distal iliotibial band syndrome in a long distance runner with gait re-training emphasizing step rate manipulation. Int J Sports Phys Ther. 2014 Apr;9(2):222-31. PMID: 24790783; PMCID: PMC4004127.

 

Friede MC, Innerhofer G, Fink C, Alegre LM, Csapo R. Conservative treatment of iliotibial band syndrome in runners: Are we targeting the right goals? Phys Ther Sport. 2022 Mar;54:44-52. doi: 10.1016/j.ptsp.2021.12.006. Epub 2021 Dec 27. PMID: 35007886.

 

Wilhelm M, Matthijs O, Browne K, Seeber G, Matthijs A, Sizer PS, Brismée JM, James CR, Gilbert KK. DEFORMATION RESPONSE OF THE ILIOTIBIAL BAND-TENSOR FASCIA LATA COMPLEX TO CLINICAL-GRADE LONGITUDINAL TENSION LOADING IN-VITRO. Int J Sports Phys Ther. 2017 Feb;12(1):16-24. PMID: 28217413; PMCID: PMC5294943.

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